“Come si coniuga il verbo madre?”, “non è un verbo”, “Amare,
fare, dare, ascoltare, confortare, gioire, piangere, abbracciare, baciare,
accarezzare, sentire, curare, sostenere, proteggere, insegnare, accompagnare,
ricordare, studiare, leggere, pulire, cucinare, nutrire, vegliare, urlare,
sussurrare, cantare, sorridere, correre, saltare, educare, comprendere,
perdonare, subire, angosciarsi, sollevare, soffrire, tacere, parlare”, “Avete
ragione, madre non è un verbo solo, ma tutti i verbi di una vita” F.B. Giacomin.
Mamma è la versione affettuosa e intima di madre. Cercando
sul web e su dizionari cartacei, la definizione di madre più frequente è: la
donna che ha concepito e partorito, in rapporto alla prole ( m. di molti figli
; m. tenera, affettuosa, amorosa ; la tutela delle ragazze m. ), simbolo di
dedizione e di affetto incondizionato ( il cuore di una mamma). Passando per
definizioni più ironiche: “Mamma: una persona che fa il lavoro di venti
persone. Gratis. Vedi anche alla voce masochista o santa.”
Mamma è colei che genera e colei che offre un amore
incondizionato. Non solo.
La mamma è colei negli occhi della quale il bambino si
riconosce: da lei viene riconosciuto e sa di esistere. A lei, in modo totale,
si affida per la propria sopravvivenza. E’ lei che lo aiuta ad interagire con
il mondo. E’ da lei che il bambino può tornare sicuro dopo aver esplorato l’esterno.
La maternità passa attraverso la gestazione, attraverso il
parto e la nascita. E’ un atto fisico di dono della vita (e della propria
salute, sebbene per un lasso di tempo determinato). Poi c’è il resto della vita
di quella creatura che necessita di cure e amore. Una mamma si incarna, allora,
in quella cura ed amore o nel donare la vita attraverso e al di là della propria?
Se una donna non ha la possibilità di vivere entrambi questi aspetti è, dunque,
“meno” mamma di chi vive entrambe le esperienze? E chi quell’amore lo può dare
solo in certi momenti e non sempre, perché le condizioni economiche, psichiche,
fisiche non lo permettono?
Per quanto possa leggere, opinioni di esimi psicologi e
mamme, non ci sono definizioni complete che mi convincano.
E penso: chi può decidere chi è una mamma?
La legge? Alcuni episodi recenti, come i gemelli (concepiti
in vitro e scambiati prima dell’impianto in utero) affidati alla donna che li
ha partoriti e non alla madre biologica, le adozioni internazionali di bimbi
affidati a genitori lontani con diritto di recesso se l’infante presenta delle
patologie, mi fanno pensare che la legge non sia molto chiara riguardo a come
gestire situazioni anomale e non e che l’interesse dei bambini e degli adulti
vengano confusi e restino inascoltati.
La società? A seconda della cultura e della nazione di
provenienza c’è la promozioni di forme familiari e di maternità diversissime e
controverse. Dal “semplice” gesto di allattare in pubblico, ormai prassi in
certi paesi mentre in altri è frutto di lotte e manifestazioni, alle adozioni
da parte di coppie formate da individui dello stesso sesso, osteggiate con
orrore e minacce di eterna dannazione in molti luoghi e soggetto per sit – com
in altri. Nemmeno la società offre uno sguardo univoco per determinare chi sia
una mamma.
Poi ci sono le donne, e gli uomini, che si ritrovano a
prendersi cura di piccole creature. Ognuno a suo modo e con i suoi limiti dona il
proprio amore e il proprio sé affinché quella creatura possa sopravvivere. Non
il genere né il grado di parentela può determinare la profondità di
quell’affetto o la dedizione.
In molti si sentono inadeguati al ruolo e alcuni, per ragioni
diverse, possono esserlo. Altri vorrebbero ma, legge, società, situazioni
familiari e mille altri motivi, impediscono a queste persone di poter esprimere
la propria genitorialità.
Allora penso a quando vado a prendere i miei nipoti a scuola
e vedo i bimbi più piccoli che corrono incontro alla mamma. Il loro sguardo, la
fiducia nel lanciarle le braccia al collo.
Già dalle prime settimane il neonato riconosce i contorni
del viso della mamma e, soprattutto, il suo odore e il suo seno. Durante i
primi due mesi sa che quelle forme appartengono a lei, colei che lo nutre e lo
protegge. Durante il periodo della lallazione la ripetizione di sillabe come“ma-ma”
diventa uno dei passatempi preferiti dai piccini. Eppure in quelle due sillabe,
attribuibili o meno al significato di mamma, c’è già tutto. Tu mi vedi e anche
io, adesso, ti vedo. E penso che sono i bambini che, infine, decidono chi sia la
mamma e chi il papà. Ha poco a che fare con definizioni e concetti. E ha a che
fare con ciò che hanno più sviluppato, senza strutture e senza domande, solo
istintivamente: un profondo e intimo sentimento di appartenenza.
E per voi che cos’è una mamma? Se avete voglia lasciate un
commento o scrivete a chiaramarturano@gmail.com
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