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primavera

martedì 17 febbraio 2015

Le sculacciate di papà - La presenza

Qualche settimana fa papa Bergoglio ha fatto delle dichiarazioni destando scalpore e accendendo la discussione sul ruolo del padre e sull'uso della sculacciata.
I titoli più prepotenti, come spesso accade, hanno riportato la singola frase estrapolandola dal contesto, e il discorso papale si è trasformato in uno "sdoganamento" delle sculacciate.
Lungi da questo blog entrare nel merito della diatriba religiosa mi piace riportare, e da lì ripartire, un'altra frase del discorso "Ogni famiglia ha bisogno del padre [..]Un buon padre sa attendere e sa perdonare, dal profondo del cuore. Certo, sa anche correggere con fermezza: non è un padre debole, arrendevole, sentimentale. Il padre che sa correggere senza avvilire è lo stesso che sa proteggere senza risparmiarsi". 
La violenza genera violenza. E, poichè i bambini imparano imitando, picchiarli ed umiliarli gli insegnerà a picchiare ed umiliare a loro volta senza capirne i motivi, per altro. A volte gli adulti picchiano e umiliano perchè picchiati e umiliati a loro volta: lo sono stati nell'infanzia forse, ma, soprattutto, continuano a lasciare che altri li prevarichino e abusino anche da adulti. Per mancanza di quegli strumenti che i genitori avrebbero dovuto insegnare loro e che non sono stati in grado di recuperare e costruirsi da soli durante la crescita e l'età adulta. Molti adulti/genitori si ritrovano a sfogare rabbia, amarezza, delusione, impotenza su chi non ha potere: il bambino. Salvo poi comprare un regalo o abbracciarlo subito dopo. E il bambino cosa impara? I messaggi che gli arrivano sono confusi e non ha gli strumenti per comprenderli. E rischia di imparare che picchiare è una dimostrazione di affetto: ti amo e ti picchio. E così anche per entrare in relazione con gli altri è necessario passare attraverso la violenza. 
Ma non è di violenza che ha parlato il papa. Ha parlato di bisogno e di presenza, di pazienza, di perdono, di fermezza, di rispetto e di protezione. Ed è su questi concetti che mi soffermo.
In particolare, questo post lo vorrei dedicare al bisogno e alla presenza.
Sempre più spesso leggo, in vari forum e gruppi social, di mamme che sono sole nel crescere ed educare i propri figli. Manca il partner. Problemi di coppia, questioni lavorative e mille motivi diversi  portano i figli a crescere in famiglie monogenitoriali.
Ci sono i nonni, c'è la tata, c'è la mamma che fa del suo meglio ma manca un pezzo. Non solo la presenza ma il confrontro costante, motivante, limitante, quando occorre, nella coppia genitoriale sull'educazione dei propri figli. Ed è un pezzo che manca, come esempio di modalità di relazione, ai bimbi. Non lo conoscono. Manca la presenza di un altro portatore di valori. 
Con la mamma, i bimbi, vivono un rapporto che, fino ai due anni circa, è simbiotico. Ovvero di fusione psicologica tra i due. Non ci sono confini. Sono un tutt'uno.
Il ruolo del papà è, in primis, quello di contenere la coppia mamma - figlio, affinché possa svilupparsi amore, fiducia, attaccamento necessari all'inzio della vita di un bambino. In secondo luogo il papà ha il compito, verso i due anni della creatura, appunto, di separare la diade mamma - figlio, di portare quest'ultimo a conoscere ed esplorare il mondo. E lo fa con le caratteristiche che gli sono proprie. Cioè altre da quelle della mamma. (per approfondire consiglio il libro "Maternità. Tra estasi ed inquietudine", segnalato nella sezione libri consigliati)
La famiglia ha bisogno della presenza di entrambi i genitori (Virginia Satir, psicoterapeuta familiare, non escludeva che ciò fosse altrettanto vero quando i genitori appartengono alla stesso genere sessuale). I motivi sono tantissimi. Alcuni:
Ci sei. Il bambino sa questo, in primo luogo. So che sei qui, so che non mi abbandoni. Quindi sono amato e degno di amore.
Ognuno ha il suo ruolo con le sue caratteristiche. C'è confronto, c'è conforto. C'è completezza. C'è compartecipazione. Sostegno reciproco.
C'è la coppia. Il bambino è testimone di un rapporto di amore e di confronto. E impara come ci si possa relazionare con il mondo.
C'è l'esempio. Non solo uno ma due esempi da poter seguire, comprendere, con cui confrontarsi. Può comprendere quali comportamenti apprendere e quali tralasciare, quali adattare a se stesso. 

Presenza significa esserci per meravigliarsi insieme del mondo, per averne paura e per capire come poter superare questa paura assieme.
Presenza è sicurezza, protezione.
Quando ero piccolina mio padre era l'eroe. Sapevo che fino a che ci fosse stato lui i mostri sarebbero stati sconfitti, i problemi risolti. Sapevo che ci sarebbero state delle spalle pronte a portarmi in giro per il mondo e che, a cavalcioni sulle sue spalle, avrei guardato quel mondo sicura. 
Nessuno avrebbe potuto raggiungermi lassù. 

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